Dopo essermi dedicato ad alcuni approfondimenti ed essere stato rimproverato da chi aveva cominciato a leggere periodicamente le mie pillole, ritorno a parlarvi di sicurezza in modo semplice, analizzando brevemente la figura del Datore di lavoro.
Come già scritto nella Pillola n. 7, la definizione di Datore di lavoro, allorchè si affronta il tema sicurezza sui luoghi di lavoro, differisce da quella civilistica o giuslavoristica.
Non sempre il titolare del potere di rappresentanza della società o l’amministratore unico è il Datore di Lavoro ai fini della sicurezza, posto che l’art. 2 comma 1 lett. b) del D.Lgs. n. 81/08 lo definisce come “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”[1].
A tale definizione normativa deve essere associata la previsione di cui all’art. 299 del Testo Unico che afferma, ai fini della configurabilità della responsabilità penale, che “Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”.
In altri termini, il datore di lavoro potrebbe essere un soggetto delegato dal vertice dell’azienda o anche un soggetto che, senza alcuna formale delega, eserciti in concreto tale funzione.
Spesso, anzi, le società più strutturate si danno un’organizzazione interna finalizzata ad evitare che i vertici aziendali debbano gestire in termini operativi l’organizzazione produttiva e, dunque, debbano occuparsi di sicurezza e salute sul lavoro.
Agli inizi della mia esperienza nel campo della sicurezza, tuttavia, ebbi a studiare un caso di giurisprudenza molto particolare, che riporto sempre come esempio nei miei corsi di formazione, perché utile a far comprendere le dovute differenze.
In una piccola società (S.R.L.) di circa 15 dipendenti, dedita alla lavorazione, alla produzione ed alla vendita di manufatti in legno, uno sfortunato lavoratore aveva tragicamente subito l’amputazione di una parte della mano a causa del malfunzionamento di un macchinario che stava utilizzando al momento dell’infortunio.
Dopo che la procura aveva inizialmente iscritto nel registro degli indagati il legale rappresentante della società, rilevando peraltro numerose violazioni di norme cautelari, gli ispettori dello SPRESAL avevano sentito a sommarie informazioni testimoniali, oltre che l’infortunato, anche tutti gli altri dipendenti. Dagli accertamenti condotti e dalle dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti, gli ispettori avevano però appreso che, in realtà, l’amministratore della società, fondatore della stessa, era molto avanti con l’età e da almeno un paio d’anni non si recava più in azienda, nè all’interno degli uffici, né all’interno del capannone produttivo, né nel negozio di rivendita dei manufatti.
Tutti i soggetti intervistati dichiaravano, infatti, di fare riferimento al figlio dell’amministratore, formalmente inquadrato come dipendente della società stessa, assunto con qualifica contrattuale di impiegato, ma di fatto vertice organizzativo dell’azienda. Da lui si doveva passare per avere autorizzazioni e permessi, per comunicare assenze e richiedere ferie; era lui ad esercitare il potere disciplinare e ad impegnare la società con i fornitori; era il figlio dell’amministratore ad interfacciarsi con tutti i lavoratori nelle riunioni ed a lui si faceva riferimento per ogni necessità inerente l’attività produttiva e la vendita dei prodotti.
In altri termini, era di fatto il datore di lavoro perché aveva su di sé la responsabilità dell’organizzazione all’interno della quale i dipendenti prestavano la loro attività e, dunque, non poteva non essere considerato tale anche nel momento in cui nasceva l’esigenza di verificare la responsabilità in ordine all’infortunio.
Al termine del processo, solo lui venne considerato penalmente responsabile delle lesioni colpose e condannato.
Dalle reazioni dei corsisti dopo il racconto del caso mi rendo conto che non è sempre facile dissociare la funzione di Datore di lavoro dalla carica formalmente ricoperta in azienda: la sicurezza tuttavia è un insieme di attività ed il sistema normativo impone di valutare chi, in concreto, eserciti il potere organizzativo, gestionale e di spesa, per poterne verificare eventualmente la relativa responsabilità.
Per esempio, laddove una società sia governata da un Consiglio di Amministrazione, in assenza di deleghe, tutti i membri del consiglio risponderanno di eventuali violazioni normative o delle responsabilità conseguenti ad un infortunio.
In questa sede non è di certo possibile elencare tutti gli obblighi e le sanzioni che il Testo Unico prevede a carico del Datore di lavoro, anche perché la maggior parte delle norme che impongono obblighi iniziano con le locuzioni “Il datore di lavoro deve…Il datore di lavoro effettua….Il datore di lavoro prevede…Il datore di lavoro valuta… il datore di lavoro provvede…Il datore di lavoro assicura…Il datore di lavoro garantisce…il datore di lavoro attua…il datore di lavoro organizza…etc”, ma ciò che si può fare è ricordare è l’importanza degli artt. 15 (Misure generali di tutela) e 18 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente) del D.Lgs. n. 81/2008, che nell’ambito del Titolo I dedicato ai Principi Comuni sono di certo tra le più importanti per comprendere a livello generale la natura degli adempimenti imposti a tale figura.
AREA LEGALE: avv. Federico Lentini
mobile: +39 320 88 43 092
e-mail: avvocatolentini@tecnologicaservice.it
[1] Nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo;