In: Pillole di sicurezza

Molti di noi, anche senza alcuna specifica preparazione in materia, sono in grado di comprendere cosa si intenda per infortunio sul lavoro e quali siano le differenze con la malattia professionale, ma spesso si danno per scontati alcuni elementi caratterizzanti dell’uno e dell’altra che potrebbero risultare problematici.

Per infortunio sul lavoro si intende ogni lesione originata da causa violenta e in occasione di lavoro, che determini la morte della persona o sia tale da ridurne parzialmente o totalmente la capacità lavorativa.

L’evento infortunistico, come dico sempre durante i miei corsi, è dunque un evento immediatamente constatabile che sia avvenuto durante l’attività lavorativa (o comunque in occasione di lavoro, come per esempio l’infortunio in itinere), che abbia determinato una lesione e che sia stato determinato da causa violenta (scivolo mentre percorro un corridoio dell’ufficio, cado e mi rompo un braccio, vado in ospedale e constatano che ho subito un infortunio).

La malattia professionale non è invece un evento immediato, poiché la capacità lavorativa della persona si riduce nel tempo e può essere considerata “professionale” solo allorché trovi la propria origine in cause connesse allo svolgimento della prestazione lavorativa (lavoro a diretto contatto con le polveri di amianto, contraggo l’asbestosi, ho contratto una malattia professionale se il contatto con l’agente patogeno è avvenuto per cause legate alla mia prestazione lavorativa).

Legare un evento infortunistico o una malattia allo svolgimento dell’attività lavorativa ha quindi ovvie conseguenze, sia sul piano assicurativo, perché determina l’intervento indennitario dell’INAIL; sia sul piano della tutela del posto di lavoro, perché il periodo di infortunio non si conteggia ai fini del periodo di comporto (che è il periodo minimo in cui il datore di lavoro è obbligato a garantire la conservazione del posto di lavoro in caso di assenza per malattia); sia anche sul piano generale dell’assistenza all’infortunato o alla famiglia superstite in caso di morte sul lavoro (ad es. rendita vitalizia ai superstiti e contributi alle spese funerarie).

Naturalmente su questi argomenti sono stati scritti numerosi trattati, enormi volumi ed infiniti articoli, molti facilmente reperibili anche sul web, ma non mi interessa in questa sede trattare i temi in modo approfondito, proprio per le ragioni espresse sin dalla presentazione della rubrica.

Ciò che mi preme precisare, però, è che non tutti gli infortuni sul lavoro e non tutte le malattie professionali danno diritto ad un pagamento da parte dell’INAIL poiché il DPR 1124/1965 (Testo Unico INAIL) prevede  una sorta di franchigia all’interno della quale al lavoratore non spetterà alcun indennizzo.

Ove infatti il danno biologico subito dal lavoratore sia inferiore al 6%, non sarà dovuto alcun indennizzo, mentre se il danno biologico è compreso tra il 6% ed il 15% spetterà un indennizzo una tantum (commisurato al grado di danno) e, ove superiore al 15%, è prevista una rendita vitalizia.

Inoltre, non tutti gli incidenti sul lavoro sono considerati ai fini INAIL poiché ai sensi dell’art. 2 comma 1 del DPR 1124 si considera infortunio ogni evento che abbia determinato (per causa di lavoro e per causa violenta) la morte del lavoratore, una inabilità permanente al lavoro, o una inabilità temporanea che abbia determinato l’astensione dal lavoro per più di 3 giorni.

Tale metodo di identificazione degli infortuni, collegati anche ai fini statistici INAIL, all’assenza dal lavoro per più di tre giorni, determina inevitabilmente una importante conseguenza: esistono degli infortuni, che, solo per le minime conseguenze sul lavoratore, non vengono registrati o considerati ai fini statistici.

Gli operatori della sicurezza, tuttavia, siano essi datori di lavoro, dirigenti, preposti o RSPP, hanno sempre l’interesse a conoscere ogni singolo evento verificatosi sul posto di lavoro, poiché, come sempre detto anche negli articoli precedenti, solo dalla conoscenza deriva la possibilità di intervento.

In altri termini, se un lavoratore sta effettuando in modo non conforme una procedura pericolosa ed a seguito di infortunio subisce solo un piccolo danno, che non lo costringe ad assentarsi dal lavoro per più di tre giorni, il fatto che l’infortunio non venga considerato tale ai fini INAIL, non vuol dire che non debba essere attenzionato.

Potrebbe essere infatti necessario sollecitare l’attenzione del lavoratore, effettuare una ulteriore formazione, correggere la procedura o migliorare i sistemi di protezione, poiché è possibile che l’evento si ripeta e non è detto che abbia le stesse marginali conseguenze dal punto di vista del danno subito dal lavoratore.

Immaginiamo che durante la costruzione di un edificio venga installata insieme al  ponteggio una rete parasassi, per impedire la caduta al suolo di materiale durante le fasi di lavoro.  Ed immaginiamo che, da una perforazione nascosta della rete, cada sul casco di protezione di un operaio che lavora in strada una piccola pietra, senza che l’evento generi conseguenze fisiche sul lavoratore, o comunque senza che le conseguenze determino un’assenza dal lavoro per almeno tre giorni.

Un siffatto evento non sarà rubricato come infortunio, non verrà denunciato e non verrà inserito negli indici statistici.

Tuttavia, ove non lo si prendesse in considerazione, non si potrebbe avere alcun miglioramento del sistema di sicurezza (riparazione o sostituzione della rete parasassi) e un identico evento futuro potrebbe determinare delle conseguenze ben più gravi sulla salute di altro lavoratore.

Questo modo di ragionare ha portato nel tempo alla valorizzazione, ai fini dell’analisi di tenuta del sistema di sicurezza e salute sul lavoro, dei c.d. NEAR MISS.

Il termine inglese può facilmente essere tradotto come “quasi infortunio o infortunio mancato” e l’importanza di riuscire a valorizzarli risiede nella considerazione che essi sono sempre precursori degli incidenti o indicatori di potenziali infortuni, perché indicano che un luogo di lavoro o i processi che si svolgono al suo interno non sono così sicuri come dovrebbero essere.

I near miss sono un segnale di avvertimento della presenza di pericoli o di rischi che devono essere affrontati.

Per esempio, se un macchinario industriale per la stampa perde olio o vernice e gli operatori che lo utilizzano rischiano si scivolare (e di impattare sul macchinario in funzione), il fatto che non siano ancora caduti non vuol dire che non cadranno in seguito, per cui quella situazione deve essere segnalata, affinchè venga attenzionata e poi corretta nell’interesse di tutti, lavoratori, datore di lavoro e azienda.

La capacità di un’azienda di attenzionare i near miss è quindi un elemento essenziale per capire le possibilità di sviluppo e di ampliamento del sistema di gestione della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro.

La sfida principale, tuttavia, risiede proprio nella sensibilizzazione di tutti gli operatori della sicurezza, dal singolo lavoratore al preposto, dall’addetto al servizio di prevenzione e protezione al dirigente, i quali devono avere la capacità di riconoscere le potenziali conseguenze negative di un evento che non ha prodotto danni (in quella occasione), ma che è astrattamente nelle condizioni di produrli.

Non sempre però i lavoratori si rendono conto della potenziale gravità di un mancato infortunio, talvolta hanno paura di denunciarlo e talaltra si preoccupano di poter sembrare eccessivamente pedanti nei confronti dei vertici aziendali. Ciò, però, porta alla conseguenza che i quasi infortuni passino inosservati, l’azienda non venga messa nelle condizioni di conoscere e di intervenire ed una lampadina che poteva accendersi su una situazione di pericolo resta spenta (ed il pericolo subdolamente celato).

Un sistema adeguato di segnalazione dei near miss, oggi, è dunque un obbiettivo a cui le aziende devono tendere al fine di poter meglio valutare il proprio sistema di gestione della sicurezza e migliorarlo laddove occorra.

In conclusione, ritornando al filo conduttore di ogni breve articolo che fa parte di questa piccola rassegna, occorre ricordare che per aumentare il livello di sicurezza delle nostre aziende, bisogna innanzitutto aumentare la sensibilità delle persone comuni, anche su temi talvolta specifici che possono all’apparenza sembrare molto specifici e/o troppo tecnici.

 

 

AREA LEGALE: avv. Federico Lentini

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