In: Pillole di sicurezza

LA SALUTE

Dopo aver dedicato alcune brevi riflessioni ai presupposti della sicurezza sul lavoro, alle principali attività di tutela ed alle modalità con cui questa deve essere fornita al lavoratore, occorre chiedersi quale sia il bene finale tutelato dalla normativa e come lo si debba definire.

La maggior parte delle norme contenute nel D.Lgs. n. 81/08, certamente quelle che contengono obblighi penalmente sanzionati, hanno infatti, quale ratio originaria, quella di tutelare “LA SALUTE” del lavoratore, che non deve essere messa in pericolo da eventuali omissioni o inadempimenti agli obblighi previsti dalla legge.

Ma cosa si intende con il termine salute quando si affronta il tema della sicurezza sul lavoro potrebbe non essere così evidente.

Nel corso degli anni, infatti, ponendo ai miei corsisti l’interrogativo, ho avuto modo di appurare che il concetto di salute può essere definito in termini filosofici (“il bene della vita cui tutti aspiriamo”), in termini giuridici (“un diritto da salvaguardare”), in termini medici (“uno stato fisico di benessere”), o talvolta anche in termini negativi (“sto bene e quindi sono in salute se non ho malattie”).

Tuttavia, nell’ambito del D.Lgs. n. 81, il termine salute ha trovato per la prima volta una sua specifica definizione normativa nell’art. 2, lett. o), quale “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”.

In realtà, la salute era stata definita in questi termini dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) già alla fine degli anni ’40, ma era sempre stata considerata come una definizione di principio diretta alla persona, all’essere umano, non certo come parametro normativo per valutare l’effettività della tutela prestata al lavoratore.

Pare opportuno evidenziare come nel D.Lgs. n. 626/94, emanato a seguito del tardivo recepimento di numerose direttive europee in tema di sicurezza sul lavoro e precursore del D.Lgs. n. 81/08, la definizione di salute non avesse trovato ingresso nella normativa e la tutela da offrire al lavoratore si riferiva alla sua incolumità fisica.

È solo nel 2008, con l’emanazione del D.Lgs. n. 81, che il legislatore italiano decide di recepire all’interno di un testo normativo la definizione dell’OMS e, così facendo, determina un epocale cambiamento nella gestione della sicurezza.

Se prima del 2008, infatti, la posizione di garanzia del datore di lavoro aveva quale perimetro di confine l’infortunio fisico del proprio dipendente, con la traslazione della definizione OMS all’interno di una legge dello stato, la posizione di garanzia e, dunque, la tutela da offrire al lavoratore, è stata estesa sino a ricomprendere il benessere psichico, mentale e sociale del lavoratore, proprio in quanto persona.

Non è un caso che subito dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 81 gli esperti del settore si trovarono a dover fronteggiare per la prima volta la valutazione di nuovi rischi come per esempio “lo stress lavoro-correlato”: una tipologia di rischio, non legata alla incolumità fisica del lavoratore, che fino a quel momento non aveva mai trovato ingresso nei Documenti di Valutazione dei Rischi.

Naturalmente, l’argomento relativo al rischio stress lavoro-correlato non può essere affrontato in questa sede, ma ciò che ricordo di quel periodo è che molti tecnici e molti specialisti, prima della emanazione di specifiche linee guida normative, si avventurarono nella redazione di questionari da sottoporre ai dipendenti per avere elementi su cui basare la valutazione dei rischi ed in particolare dello stress lavoro-correlato.

I questionari inizialmente sottoposti ai lavoratori contenevano domande del tipo “sei felice di recarti al lavoro? – ti senti soddisfatto della tua vita lavorativa? – ti piace svolgere le mansioni che ti sono state affidate? – trovi confortevole il tuo posto di lavoro?” o comunque impostate sul sentimento personale del singolo intervistato.

I primi risultati di questa tipologia di test, così impostata, non poteva che portare a risultati sconfortanti, che registravano livelli di stress enormi, anche in misura superiore all’80% del personale intervistato.

Se mi si consente un po’ di ironia, sfido qualunque operaio/a o impiegato/a che si è alzato all’alba, ha combattuto con i propri figli per portarli a scuola, ha fatto le corse contro il tempo per arrivare in orario, sperato di trovare subito parcheggio, che fa i conti per arrivare a fine mese e che magari è anche insoddisfatto della propria vita coniugale, a rispondere al test dichiarando la propria felicità nel recarsi al lavoro!

È evidente che il rischio deve essere valutato tenendo conto solo quelle situazioni lavorative che possono essere fonte di stress, come ad esempio la ripetitività dei compiti, illuminazione o rumori, postazione di lavoro, contatto con il pubblico etc., e non è un caso che oggi la valutazione debba essere effettuata attraverso il coinvolgimento di soggetti esperti come lo psicologo.

In alcuni settori, inoltre, si è cominciato a valutare situazioni patologiche tipiche e già definite come la sindrome di burnout (dall’inglese “to burn out”, cioè bruciarsi o esaurirsi) identificata dall’OMS come patologia legata a situazioni di stress nelle quali il soggetto non riesce a gestire i propri compiti o le aspettative di successo proprie o degli altri (avviene per es. nella scuola, in sedi magari disagiate, allorchè il docente abbia delle classi che non lo seguono, che non riconoscono il suo lavoro o l’importanza dell’insegnamento così da generare una disaffezione dello stesso verso l’insegnamento, verso il proprio ruolo o le proprie capacità, con conseguenze anche sul piano sociale e relazionale).

In conclusione, però, ciò che interessa ai fini della breve analisi che ci siamo proposti, è che oggi, a seguito dell’emanazione del D.Lgs. n. 81/08, ampliandosi il concetto stesso di salute, anche l’ambito di tutela che il legislatore ha riservato ai lavoratori (correttamente considerati titolari di un diritto alla piena esplicazione della propria personalità) ha un orizzonte molto più esteso di prima.

 

AREA LEGALE: avv. Federico Lentini

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