In: Pillole di sicurezza

LA PROTEZIONE

La PROTEZIONE è la seconda direttiva su cui si muove la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

A differenza della PREVENZIONE, che abbiamo definito come l’insieme delle attività che hanno come scopo quello di ridurre la probabilità di verificazione di un evento infortunistico, la PROTEZIONE non incide direttamente sull’indice probabilistico, ma sugli effetti provocati da un incidente.

La protezione, infatti, può essere definita come l’insieme delle attività e delle misure che hanno quale finalità quella di ridurre la magnitudo del danno nell’ipotesi in cui si verifichi un evento infortunistico (ovverosia nei casi in cui la prevenzione non è bastata).

Per fare un esempio, che, nella sua banalità, produce un effetto di immediata comprensione, si può dire che se in un cantiere un operaio indossa un casco di protezione, l’utilizzo del casco non incide sulla probabilità che dall’alto possa cadere un oggetto, ma sugli effetti della caduta dell’oggetto sulla testa dell’operaio.

In altri termini, nella corretta logica legislativa, accanto all’attività anticipatoria della tutela (la prevenzione) deve sempre essere associata un’attività o una misura protettiva poiché, per quanto efficace e ben fatta sia la prevenzione all’interno di un’azienda, esisterà sempre un margine probabilistico all’interno del quale un evento infortunistico può verificarsi ed è per questo che la protezione deve intendersi quale elemento necessario e complementare rispetto alla prevenzione.

La logica legislativa è semplice: il datore di lavoro ed i soggetti della sicurezza devono ridurre al minimo il rischio, ma poiché l’infortunio può sempre verificarsi, il datore di lavoro deve anche pensare a tutte le misure necessarie per ridurre il danno, laddove l’evento si verifichi comunque, anche accidentalmente.

Tecnicamente le misure protettive si distinguono in collettive, individuali, attive e passive.

Rientrano nella prima categoria (DPC) le misure destinate indistintamente a tutti i lavoratori o ad un insieme di essi, quelli che per esempio stanno svolgendo un particolare attività con rischio comune. Sono tutti quei dispositivi progettati per offrire protezione a più lavoratori contemporaneamente. Un classico esempio di protezione collettiva sono i parapetti duranti i lavori in quota o le porte REI (c.d. porte tagliafuoco) in ambito di tutela antincendio.

I dispositivi di protezione individuale o DPI, invece, sono destinati alla protezione del singolo lavoratore e rientrano tra questi tutti quegli strumenti che più facilmente siamo soliti identificare come strumenti di protezione come caschi, guanti, scarpe antiscivolo etc.

Il rapporto tra i due tipi diversi di protezione è un rapporto di prevalenza a favore dei DPC, poiché la normativa (art. 15 D. Lgs. n. 81/08 – Misure generali di tutela) prevede espressamente che il datore di lavoro debba dare priorità alle misure di protezione collettiva, così imponendo che la protezione individuale abbia una natura residuale.

Per richiamare gli esempi fatti sopra, il datore di lavoro dovrà predisporre dei parapetti in tutte le circostanze in cui vi sia il rischio di caduta dall’alto e sia possibile la installazione degli stessi, ma dovrà ulteriormente fornire la cintura di sicurezza con ancoraggio a quei singoli lavoratori per cui permanga un rischio di caduta (per esempio perché stanno operando in luoghi in cui non è possibile l’installazione del parapetto o le cui condizioni di lavoro consiglino una misura individuale aggiuntiva).

Le misure protettive vengono poi distinte a seconda che necessitino o meno l’attivazione o l’utilizzo diretto da parte del lavoratore.

I DPI sono ovviamente strumenti di protezione attiva poiché devono essere indossati ed utilizzati o attivati dal soggetto a cui forniscono protezione. La protezione passiva è invece maggiormente associata ai DPC che, spesso, una volta predisposti o installati, non necessitano più di alcuno specifico intervento (per esempio i parapetti o le porte REI).

In genere, durante i corsi,  dopo avere spiegato questi concetti basilari, pur leggendo nei volti dei partecipanti la soddisfazione di aver compreso la differenza tra prevenzione e protezione, sono solito chiedere se, a loro giudizio, un estintore sia da considerarsi uno strumento di prevenzione o di protezione…ed è allora che talvolta mi rendo conto che devo offrire qualche ulteriore delucidazione[1].

 

AREA LEGALE: avv. Federico Lentini

mobile: +39 320 88 43 092

e-mail:avvocatolentini@tecnologicaservice.it

 

 

 


[1] Mi capita spesso che qualcuno d’istinto risponda che un estintore è uno strumento di prevenzione ed è a quel punto che sento il bisogno di far comprendere che la prevenzione incendi non si fa distribuendo estintori in azienda, così come non c’è bisogno di utilizzare un estintore se l’incendio non è ancora sorto…ma ormai, ad alcune risposte, sono abituato!

 

 

 

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